Una fanciulla chiede al fidanzato appena giunto: “Sei stato a Kalevala?”
Il fidanzato: “Sì, ho visitato Kalevala”.
La fanciulla: “I cani di Kaleva abbaiano a Kalevala?”
Il fidanzato: “Certo che abbaiano”.
La fanciulla: “I cuculi di Kaleva cantano sul sentiero e nella radure di Kalevala?”
Il fidanzato: “Certo che cantano”.
La fanciulla: “Le ragazze di Kaleva si affacciano alle finestre di Kalevala?”
Il fidanzato: “Certo che si affacciano”
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Soundtrack:
“Tehni – Maaäet”
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“Tehni – Kuoppa”
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Cap.1 – “Chi siete dunque?” (parte prima)
02.01.2009 Temppeliaukion kirkko (la chiesa nella roccia)
Faccio fatica a capirvi. Lo ammetto. I vostri occhi chiari mi sembrano troppo profondi, i vostri capelli di miele, in realtà sono cangianti, sfuggenti…Chi siete? Da dove venite? Il fatto certo è che ancora nessuno sa da dove vengano i finlandesi. Si sa che non sono europei, arrivarono dall’asia in un europa già celtica, germanica e latina e si conquistarono la fetta più dura ed avara. Questo sasso concavo, questo osso di seppia, per dirla con le parole di Diego Marani. Siete troppo lontani, distanti, sfuggenti. Vi è in voi qualcosa di chiaro e scandinavo, ma anche qualcosa di russo e opaco. Sembrate così giovani, forti e perfetti ma sotto la vostra pelle lucida sembra battere un cuore antico quanto il granito. Immagino i vostri piedi come radici di alberi millenari, affondati in quella terra umida e melmosa che chiamate Suomi, terra delle paludi. Come Väinämöinen, l’intrepido vecchio, discendente di Kaleva, il runnoia eterno di Kalevala, siete appena nati, eppure già vecchi…
Cap. 2 – “Sul ghiaccio.”
02.01.2009
A decine si accalcano sulla pista ghiacciata. La luce rossa dei fari illumina la facciata del palazzo fatato, il Teatro Nazionale e riverbera come fiamma sulla superficie gelata. Ridono nel gelo le famiglie, scherzano anziane signore e i bambini pattinano, lo sguardo sicuro dietro i caschi da hockey. E’ una scena così fiabesca da risultare uno stereotipo del nord.
Forse per capirvi bisogna capire il ghiaccio ed è impresa non semplice.
Il freddo, duro, caro ghiaccio. Ghiaccio bastione, ghiaccio prigione. Impenetrabile, duro, gelato, pallido e puro, lucido e opaco. Aiuto contro gli invasori, gelida prigione per i loro cuori. Amore e odio. Contrario di se stesso. Il ghiaccio è parte della Finlandia. I finlandesi sono parte del ghiaccio. Lo adorano e detestano così come ogni uomo ama e odia se stesso. Mi torna alla mente il racconto di Malaparte1 sui cavalli del lago Ladoga. Un racconto terribile ed emblematico.
Durante la guerra d’inverno, nel 1939, Malaparte era insieme ai soldati finnici sul fronte sovietico, lungo il grande Ladoga, come corrispondente di guerra. I russi erano in difficoltà. Il grosso delle armate si era asserragliato lungo le sponde in attesa delle chiatte che avrebbero dovuto metterli in salvo. Un grande incendio divampò quella notte nella foresta di Raikkola, attorno al lago. I cavalli dei russi impazziti dal terrore continuavano a indietreggiare finchè disperati scesero nelle acque poco profonde. Ma quella notte, il vento del nord, che scende come l’angelo della morte dal mare di Murmansk, prese a soffiare e la temperaturà crollò di colpo. Quando il mattino dopo i primi sissit, i reparti di esploratori finnici, scesero verso le rive, i volti ancora anneriti dal fumo, si trovarono davanti ad uno spettacolo sconvolgente. Dalla superficie lucida e vetrosa del Ladoga ghiacciato, centinaia di teste, come quelle dei cavalli di legno delle vecchie giostre, sbucavano dal ghiaccio, gli occhi ancora colmi di bianco terrore.
Cap.3 – “Sulla sauna.”
04.01.2009
“In sauna comportati come in chiesa” dice un proverbio finlandese.
“Il primo anno il finlandese costruisce la propria sauna, il secondo ci costruisce intorno la propria casa” ne dice un altro.
Certo è che nella luce viola del mattino ho visto due anziani e grassocci signori, nudi e bianchicci incamminarsi scalzi verso il pontile.
Il mare era ghiacciato fino all’orizzonte. Il termometro diceva diciassette gradi sotto zero. In fondo al pontile era fissato un motore che mantenendo l’acqua in movimento impediva che ghiacciasse. In questo foro nel ghiaccio si sono calati. Un minuto dopo, solo gli asciugamani attorno alla vita, rispondevano con uno sguardo infastidito al mio sguardo allibito e rientravano nella sauna.
“[…] ma tu scaldami un bagno dolce come il miele, riempi la sauna dell’aromatico fumo di giovani ramoscelli, di schegge di legno piccoline […]
Annikki dal nome soave riscaldò segretamente la sauna con tronchi strappati dal vento o abbattuti dalla folgore del cielo; prese pietre dalla cascata, attinse l’acqua per produrre il vapore da una fonte leggiadra, da una sorgente spumeggiante; spezzo i rami della boscaglia, ne fece una scopetta, ammorbidì il dolce fascio sopra una pietra ricca di miele […]
<<Ti ho preparato il bagno , scaldato la sauna col vapore, ammorbidito le fruste, legato i ramoscelli in scopettine. Entra dunque nella stanza da bagno, fratello, indugia finchè vuoi, versa l’acqua che ti serve, lavati il capo finchè i capelli saranno come steli di lino, gli occhi limpidi come fiocchi di neve.>>”2
Cap. 4 “Porvoo o sull’origine del mondo.”
04.01.2009 Porvoo
Seduto in una caffè di Porvoo. Cielo grigio e gelo fuori. Tintinnio di tazze da the, di posate d’argento. Bisbiglii nella penombra che si fa più scura. Alle pareti ritratti di arciduchi russi e barbuti.
“Quando ancora il mondo non era se non un pensiero di Dio, già la bella fanciulla Luonnotar, figlia di Ilma, viveva e si cullava vergine e pura nelle distese d’aria, negli spazi sconfinati della volta celeste. Ma venne un giorno in cui stanca della sua solitudine si gettò in mare e subito l’accolse la bianca onda e la cresta schiumosa. E il vento di tempesta le riempì il seno e l’onda del mare la rese feconda. E per generazioni su generazioni ella portò il greve fardello non riuscendo a generare il frutto del suo seno. Un giorno presa da disperazione e dolore si rivolse a Ukko,supremo dio, perchè la liberasse. Ed ecco un’aquila enorme e splendente prese a volteggiare alta sulle profonde acque del mare in cerca di un luogo sicuro in cui deporre le uova. Scorto il bianco ginocchio della fanciulla lì andò a posarsi e lì depose le sue uova al riparo dalle onde del mare, al sicuro dalla forza dei venti. E lì prese a covarle e le covò per tre giorni. Ma il terzo giorno Luonnotar sentì come un bruciore di fiamma sulla punta del ginocchio e così si scosse e stese bruscamente le membra e le uova rotolarono negli abissi e si ruppero. Tuttavia non andarono perse nei fanghi ma da ogni pezzò nacque qualcosa di buono. Dalla metà inferiore la terra, da quella superiore il firmamento, dalle parti gialle il sole radioso e da quelle bianche la dolce luna. I frammenti maculati divennero stelle lucenti e i pezzi neri le nuvole dell’aria.”3
Cap. 5 “Sulle foreste.”
03.01.2009 Nuuksio kansallispuisto (parco naturale di Nuuksio)
Il bosco è silenzioso e immobile. Sembra una foresta di pietra. Le betulle riposano nel gelo. Il gelo che preserva, che conserva, che protegge la vita nei lunghi mesi d’inverno. Ogni tanto scorgo tra gli alberi distese bianche e azzurrine. Laghi ghiacciati tra gli abeti. Gli alberi dormono immobili. Nella penombra mi scopro a pensare che è un bene. Forse in estate queste enormi, primigene, foreste mi avrebbero riempito il cuore di paura. Le loro ombre verdi mal tollerano la nostra presenza, specialmente quella di uno straniero. Diverso è per i finnici, loro quei boschi hanno imparato a conoscerli, a rispettarli e sanno quali luoghi sono oscuri e malevoli e in quali e permesso entrare. Betulle, bianche e screziate senza fine.
La betulla è un albero particolarmente importante per la tradizione finlandese. Il fuoco che scalda la sauna deve essere alimentato con rami di betulla. Il vihta, il fascio di rami, raccolti il giorno di San Giovanni dell’anno precedente, con cui ci si batte il corpo, per attivare circolazione e sudorazione durante la sauna è solo ed esclusivamente fatto di rami di betulla. La betulla è l’unico tra gli alberi a non essere abbattuta da Väinämöinen, nei giorni in cui l’eroe seminava il mondo. Serviva da rifugio agli uccelli, da riparo al cuculo.
Lontano su un lago ghiacciato ho scorto una figura. Uno spettro dei ghiacci? Lo vedo chinarsi e armeggiare con alcuni oggetti poi si siede, sta pescando nel ghiaccio…
Cap. 6 “Chi siete dunque? (parte seconda)”
05.01.2009
“Svedesi non siamo, russi non vogliamo essere dunque dobbiamo essere finlandesi”.
Strano un popolo che si definisce per negazione. Scende già una sera precoce. Le ombre che si allungano e la luce che si fa fioca, incerta. Chi siete? Nessuna risposta sembra giungermi. La loro lingua è troppo misteriosa perchè si possa comprendere qualcosa della loro anima. Canto magico da sciamani, volutamente difficile da intendere per preservare segrete le formule magiche. Lontani. Reticenti, discreti, volutamente evasivi. Né slavi, né scandinavi e un po’ entrambi. Ma un po’ anche di qualcos’altro più lontano e antico. Vecchi e giovani come la terra, come il mare…Una luce grandiosa accende per alcuni minuti il Baltico. Lontano, contro la palla di fuoco del sole, sagome nere di traghetti per Pietroburgo. Poi il sole affonda. I flutti si fanno di piombo, il cielo diviene viola, poi nero. Ora sono solo. E’ l’ultimo tramonto e mi sembra di non aver capito dove sono stato. Che silenzio però…e che freddo…infilo i guanti e a lunghi passi torno sconfitto verso l’hotel. Mi arrendo, ho perso…
Cap. 7 – “Palazzi di neve.”
05.01.2009 Kiasma
Il museo di arte moderna si specchia come un cumulo di neve dietro la statua dell’eroe Mannerheim che a cavallo fronteggia gli eserciti nemici per l’eternità. Ho letto che a Rovaniemi, la capitale dell’artico, ogni inverno si tiene il festival delle architetture di ghiaccio e neve. Mi sarebbe piaciuto andare a Rovaniemi, mettere piede oltre il circolo polare. Ma l’inverno è troppo freddo, la strada troppo lunga, il tempo troppo poco. Ho visto qualche foto. Alcuni edifici sono straordinari, i dettagli architettonici perfetti. Sembra che alcuni siano stati successivamente “copiati” per la realizzazione di edifici permanenti. Tutto è bianco e rilucente.
La poca fredda luce di questa strana città entra dalle grandi finestre oblique e bizzarre, crea ombre grigie e angoli assurdi. Confonde e abbaglia, togliendo dimensione, annullando le distanze o allungandole laddove sono in realtà molto più brevi.
Ancora ghiaccio, ancora neve, ancora bianco. La città è disseminata di questi strani cumuli di neve. La cattedrale luterana, palazzo Finlandia etc. etc. E’ come se si volesse riempire il vuoto creato dalla nostalgia. La nostalgia delle immani bianche distese della Lapponia dove, prigioniero del gelo, risiede il cuore della finlandia.
Cap. 8 – “Porvoo o una leggenda di Natale.”
04.01.2009 Porvoo
“Sai com’è narrato il Natale nel Kalevala?” mi fa lui addentando una superba forchettata di torta di carote?
“Mmm…No?!?”
“Sai che qui a Porvoo si tenne la dieta con cui Alessandro I, zar di tutte le russie, dopo aver ottenuto il dominio sulla finlandia dopo secoli di dominazione svedese, concedeva al suo nuovo granducato ampia indipendenza e autonomia? A ben pensarci fu il primo vero passo verso l’indipendenza del nostro paese…”
“No…ma questo che centra con il Natale…era forse Natale il giorno della dieta di Porvoo?”
“No, penso fosse primavera, comunque…Marjatta era una giovane, bellissima fanciulla ma di umile origine e faceva la pastora. Ogni giorno portava le pecore sulla collina e là cantava solitaria di fiori e boschi fatati. Ma un giorno udì un canto più forte del suo e incantata si mise a cercare di chi fosse quella splendida voce che cantava parole così soavi. Sul fianco della collina trovò il cantore ed era un piccolo mirtillo dei prati. Non appena il mirtillo scorse la bella Marjatta iniziò a cantare una canzone che diceva: “Vieni a prendermi bella fanciulla, mangiami rosea gota, in mille sono venuti ma io ho scelto te!” Marjatta raccolse dunque il mirtillo con le mani delicate e la bacca si infilò nella bella bocca, scese nel ventre della ragazza e lo fecondò. Nei mesi seguenti molti furono coloro che ripudiarono la bella Marjatta perchè gravida ma senza marito e quando venne il giorno per partorire, era allora ormai inverno, essa si recò in villaggio cercando una sauna dove potere mettere alla luce il figlio suo. Ma tutti la scacciavano con male parole. Alla fine la vecchia padrona dell’osteria le consigliò di andare a sdraiarsi nella stalla così che il fiato del cavallo e il respiro del grande bue la riscaldassero. Quella notte nacque il frutto del suo grembo. Ma subito il bambino appena nato s’alzò in piedi e fuggì e a lungo Marjatta lo cercò nella neve. Chiese prima disperata alla stella che passava di lì:
“Cara stella, creata da Dio, sai nulla del mio bimbetto, la mia mela d’oro?”
La stella rispose: “Se lo sapessi non lo direi, proprio da lui sono stata creata per brillare in questi freddi luoghi!”
Marjatta si rivolse allora alla pallida luna: “Luna, sai niente del mio figliolo, la mia mela d’oro?”
La luna disse: “Se lo sapessi non lo direi, proprio da lui sono stata creata per vegliare la notte nel buio senza vedere mai la luce del giorno”.
Venne allora giorno e il bambino ancor non si trovava. Marjatta si rivolse infine al gagliardo sole:
“Sole splendente, creato da Dio, sai niente del mio bimbetto, la mia mela d’oro?”
Il sole rispose: “Certo bella signora dacchè fu lui a crearmi sì forte e gagliardo e scintillante d’oro per scacciare per sempre le ombre della notte!”
A queste parole Marjatta fu presa da grande stupore e adorazione e seppe il destino del figlio suo puro.”
Cap. 9 – “Una vodka per Mannerheim!”
05.01.2009 Mockba Bar.
E’ l’ultima notte a Helsinki e voglio ubriacarmi. Giorgio Manganelli racconta nel suo “l’Isola Pianeta”4 che l’ultima sera ad Helsinki dovette essere riaccompagnato in albergo da un diplomatico italiano suo amico da tanto era sbronzo. Non di alcool però, di aria! Quell’aria così assurdamente giovane che non sarebbe mai invecchiata, quell’aria che da diecimila anni ha sempre la stessa età5…Già proprio come i finlandesi. Ma io faticavo ad ubriacarmi dell’aria invernale. Stordito sì ma non sbronzo! Lui ad Helsinki c’era stato d’estate non con meno venti! Così decisi di ubriacarmi di vodka per andare sul sicuro. Al Mockba bar bevvi vodka russa a 7 euro al bicchiere. Una dopo l’altra, tra piastrelle verdi e luci al neon. Una strana barista metteva dischi di pop russo anni ’50. Un bicchiere al gelo dell’inverno, uno alla neve di Lapponia, una vodka per la betulla nella palude e una per l’orso, il cuculo e l’aquila. Uno per il vecchio, intrepido Väinämöinen, per lo spensierato Lemminkäinen, per il Fabbro Ilmarinen. E certo non uno ma due bicchieri per le belle dalla folta chioma, per le splendide fanciulle dell’oscura Pohjola6 E l’ultimo bicchiere di vodka russa per Mannrheim che i russi se non sconfitti li ha almeno fermati…Ai baffi di Mannerheim!
Ormai sbronzo appoggiai la testa al tavolo di acciaio. La barista mi fece cenno di guardare fuori.Iniziava a nevicare
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1Curzio Malaparte – Kaputt (A. Mondadori editore)
2Kalévala – a cura di G. Agrati e M.L. Magini (A.Mondadori editore)
3Kalévala – a cura di G. Agrati e M.L. Magini (A.Mondadori editore)
4L’isola Pianeta – G. Manganelli (Adelphi)
5L’isola Pianeta – G. Manganelli (Adelphi)
6Nel Kalevala Pohjola è la Lapponia
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Piccola bibliografia:
Kalevala – a cura di G. Agrati e M.L. Magini (A. Mondadori editore)
L’isola pianeta e altri settentrioni – G. Manganelli (Adelphi)
Kaputt – C. Malaparte (A. Mondadori editore)