Soroche

Mal di Montagna (“Soroche” in lingua Quechua)

Il mal di montagna (AMS o acute mountain sickness per gli anglosassoni) è una condizione patologica causata dal mancato adattamento dell’organismo alle grandi altitudini, in particolare dovuta alla più bassa pressione atmosferica che determina una ridotta presenza di ossigeno nell’organismo generando uno stato di generale ipossia. Generalmente si verifica al di sopra dei 2.500 metri s.l.m.. Si tratta di una condizione minacciosa che, nei casi più gravi, se non tempestivamente e opportunamente trattata può anche essere letale.
Fonte: Wikipedia

Il cuore che martella nel petto, lo stomaco che si contrae e si restringe, sudore freddo. Una strana impalpabile sensazione. Formicolio alle mani, la testa che si svuota.
Il freddo gelido delle notti che non ti lascia dormire, che ti penetra nelle ossa, che ti graffia, ti morde, ti attanaglia. Il sole abbacinante del mezzogiorno, il sole che brucia la pelle, il sole di piombo, il sole crudele. E quella luce infinita, quella luce abbagliante riflessa dalla sabbia o dal sale, quella luce che ti fa lacrimare gli occhi, quella luce che tutto illumina e tutto svela, quella luce dalla quale non puoi nasconderti.
Il vento silenzioso e instancabile, che sferza tutto ciò che osa mettersi sulla sua strada. Nulla per arrestarlo, nulla per arginare la sua forza rutilante, la sua irruenza.
Me lo immaginavo spirito vecchio e bambino, prendere velocità lanciandosi giù dalle cime scoscese dei monti e poi correre urlante per la piana infinita, travolgendo ogni cosa avesse l’ardire di mettersi sulla sua strada.
Il cielo di smalto, il cielo dello stesso blu delle porcellane cinesi e attorno solo il vuoto, il vuoto e il silenzio.

Un luogo estraneo, indifferente, brutale e meraviglioso. Un luogo che rimanda ai primi giorni del mondo, inumano spietato e allo stesso tempo bellissimo. Pregno di quella bellezza pura e indomita che solo i luoghi che mai l’uomo potrà sottomettere possono avere.

“L’aria era così rarefatta che a tratti avevo l’impressione di soffocare, la luce così smagliante che sembrava potesse attraversarmi. Che potere aveva quella luce, e cosa poteva contro quella forza il mio misero spessore di essere umano?
Guardai sulla superficie perfettamente bianca del Salar e mi resi conto con un misto di terrore e dolce rassegnazione, che la mia ombra stava scomparendo. Come se il mio essere, la mia fisicità, si stessero dissolvendo. Come se il vuoto assoluto che mi circondava mi stesse risucchiando.”

Un giorno di tanti anni fa feci un sogno. Bizzarro, angoscioso e splendido allo stesso tempo. Sognai di un luogo assolutamente deserto. Una distesa bianca che si stende fino ad un’orizzonte lontanissimo e laggiù, tremolanti nella foschia come miraggi, montagne azzurrine dalle forme perfette. Sognai un cielo di un blu che non avevo mai visto, che non poteva esistere. Sognai lagune rosso sangue o verde smeraldo. Sognai la luce.

Qualche anno dopo per caso, ammesso che il caso esista nella vita, mi imbattei in alcune fotografie del Salar De Uyuni, il più grande del mondo. Mi ricordai allora di quel sogno che credevo dimenticato. E feci una promessa.

Anni dopo mantenni la promessa. E scoprii che la realtà era ancora più onirica. Deserti caleidoscopici, lagune colorate, geyser che sputano vapore bianco nel blu perfetto del cielo. E soprattutto quella sensazione di assoluta irrealtà, il sentimento di essere stati proiettati su un altro pianeta.

“Verso sera sulle rive della laguna. Le acque color rosso carminio. Urlai forte contro la sagoma perfettamente conoidale del vulcano che si ergeva sull’altra sponda del lago. Il mio urlo si perse in attimo, inghiottito dal silenzio, soffocato dalla mancanza d’aria. Bastò quello sforzo a sfiancarmi. Mi sedetti. Avevo la bocca secca e mi doleva tutto il corpo. Immersi una mano nell’acqua. Tutta quella irreale, impossibile bellezza, unita alle condizioni estreme dell’ambiente (altitudine, luce, vento, escursione termica) producevano sulla mia mente un effetto quasi allucinatorio. A tratti avevo l’impressione di essere in un sogno. E allora compivo azioni totalmente insensate, urlare, toccare una pietra per percepirne la ruvidezza o immergere le mani nell’acqua per sentirne la umida freschezza. Dovevo provare a me stesso che ero sveglio, che questo non era un prodotto della mia mente. La notte calò di colpo come se qualcuno avesse rovesciato un secchiello di pittura nera sul mondo. E con la notte venne il freddo. Un gelo terribile contro cui non c’erano difese. Mi ritirai nella camera dell’ostello, indossai tutti i vestiti che avevo, guanti e cuffia compresi e mi infilai nel sacco a pelo. L’emicrania il gelo e il mal di stomaco non mi fecero chiudere occhio. Il giorno seguente l’autista del 4×4, un robusto e taciturno boliviano, guidò per ore e ore in quella distesa infinita di bianco. Era già pomeriggio inoltrato quando giungemmo all’Isla Incahuasi (casa dell’Inca). I cactus si ergevano fieri e indomiti, unici esseri viventi in grado di sfidare la forza selvaggia di quei luoghi. Un ‘isola in quel mare di nulla. Mi arrampicai sulle rocce fino ad un grosso cactus solitario e mi punsi un dito con una delle sue terribili spine. Una goccia di sangue si formò sul mio polpastrello. Mi portai il dito alla bocca. Il sangue aveva il solito sapore di ferro. Il cielo aveva lo stesso colore blu, la stessa consistenza di smalto. Il reticolo di ottagoni del Salar si estendeva pallido e quasi infinito, fino alla cresta azzurrina di montagna all’orizzonte. Avevo mal di testa e i crampi allo stomaco e sapevo di essere sveglio. O forse no. Forse stavo solo sognando, lo stesso sogno di tanti anni fa. Il vento riprese a soffiare e mi accorsi che il mal di stomaco non era dovuto all’altitudine. Avevo già nostalgia di questo luogo.

Soroche:

Il Soroche (dal Quechua surúchi) è quella particolare sensazione di nostalgia o di malinconia, provata da chi ha visitato l’altipiano andino racchiuso tra le nazioni di Argentina, Cile e Bolivia e desidera ritornarci.
Fonte: me

www.mspagnolophotography.it

Psss un consiglio per una colonna sonora adatta?

Provate questa: Balderrama – Mercedes Sosa

https://www.youtube.com/watch?v=8rAYZZMbOMg

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